La morte non è mai un fatto né bello né tantomeno semplice di cui parlare, soprattutto quando si tratta di un ragazzo di 16 anni. Il caso lo conoscete tutti ormai: Lamberto Lucaccioni, di Città di Castello, in provincia di Perugia, acquista nel suo paese, insieme a degli amici, un’ingente quantità di MDMA. La assume e, all’interno del Cocorico, universalmente riconosciuta come la più importante discoteca d’Italia, si sente male. Viene trasportato d’urgenza all’ospedale “Ceccarini” dove purtroppo non riesce a sopravvivere.
Questo è un riassunto molto scarno di ciò che è successo appena due settimane fa. E oggi arriva la decisione del questore di Rimini, Maurizio Improta, sulla vicenda: il locale deve rimanere chiuso per quattro mesi, centoventi giorni. Una discoteca che, prima di essere tale, è un’azienda che provvede allo stipendio di centinaia di persone, chiude perché un ragazzo si è sentito male al suo interno. Ma è questo il modo di fermare le morti legate all’assunzione di droghe?
Quello che ci domandiamo noi è quello che si domandano tutti. Le domande sono semplici, forse banali, e le risposte (forse) anche. Se un ragazzino adesso volesse drogarsi ma trovasse il Cocorico chiuso, cosa farebbe? Desisterebbe dal farlo o lo farebbe lo stesso, scegliendo poi un’altra discoteca dove andare a ballare? La risposta la conosciamo tutti. E allora forse la soluzione sarebbe chiudere ogni tipo di discoteca, club, locale d’Italia. E poi? Quando succederà ancora? A chi daranno la colpa? Su che spalle mangeranno i media italiani quando non ci sarà più una discoteca da demonizzare? E se per caso qualcuno morisse di overdose e non avesse niente a che fare con le discoteche (come succede tra l’altro molto più frequentemente, ma questo non fa notizia)? A quale strega si darebbe la caccia?
In un mondo che ha compreso che il Proibizionismo (passati quasi 100 anni ormai) non è l’arma per combattere queste battaglie, un mondo in cui l’informazione medica e scientifica si usa ogni giorno per informare i ragazzi sui rischi delle droghe e sui rischi che si corrono a non sapere come/quanto assumerne, l’Italia è ferma al 1920. Qua si preferisce fare della morte di un ragazzo di 16 anni un caso mediatico, un titolo a effetto grazie al quale i programmetti del pomeriggio sulle reti nazionali o gli pseudotelegiornali che d’Estate tanto amano riempirci le orecchie della parola “sballo”, invece che spiegare ai ragazzi gli effetti e i pericoli delle droghe, potranno cibarsi con molta facilità. Per questo sentiamo in noi tanta amarezza. Non perché speravamo che il Cocorico rimanesse aperto per andarci a ballare, non perché non ci interessa che un ragazzo di 16 anni sia morto. Ma perché questa cosa si ripeterà se non si agisce in un modo diverso da come stanno agendo le istituzioni.
Ma lo sappiamo tutti, agli avvoltoi fa sempre comodo una carcassa da cui cibarsi, no?
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